L’arrivo del coronavirus (Covid-19) segna un nuovo tempo dei traffici commerciali a livello mondiale e ciò a causa delle misure di contrasto decretate dai governi nazionali, tra le quali il temporaneo blocco delle attività produttive e dei servizi ritenuti non essenziali. La questione è virale, ma anche giuridica, ponendo una serie di problemi di gestione del rischio di inadempimento e delle relative responsabilità delle parti nell’esecuzione di diverse categorie di contratti commerciali. In questi giorni, improvvisamente incerti, molti operatori economici sono costretti a rivedere condizioni e tempi degli impegni contrattualmente assunti; mentre, per altri, la prosecuzione del rapporto si palesa inutile, o poco conveniente. Per prevenire la crisi delle relazioni fra imprese, i professionisti del settore si interrogano su quali siano le soluzioni praticabili, soprattutto per quei contratti commerciali che hanno dimensione internazionale e che pongono problemi specifici (come il tema della legge applicabile in mancanza di scelta). L’attenzione è rivolta principalmente all’applicazione di clausole che consentano l’adeguamento dei contratti al mutato assetto di interessi, o la sua conclusione anticipata in circostanze impreviste e avverse. La possibilità di ricorrere a tali clausole appare, tuttavia, una soluzione riservata a una ristretta fetta di operatori e principalmente, agli imprenditori più sofisticati e accorti che hanno preventivamente inserito nel contratto clausole di salvaguardia, come quella denominata di Forza Maggiore, o di Hardship. Laddove non siano presenti pattuizioni di questo tipo, la strada da percorrere è quella tracciata dalle regole generali dettate per rimediare alle inefficienze contrattuali – e che possono variare anche significativamente in ciascun ordinamento –  ponendo i contraenti di fronte a tutta una serie di criticità tipiche dei rimedi giudiziali (come il fatto che la riparazione del contratto è affidata ad un terzo esterno al rapporto). Si tratta di problemi noti, ai quali sono stati dedicati studi ben documentati (nella letteratura italiana, cfr. Lucarelli P., Ristori L., I contratti commerciali di durata, Milano, 2017) che portano all’attenzione del lettore la consistenza del tessuto imprenditoriale, la fitta trama dei rapporti tra imprenditori, i sottili fili di connessione e i punti di rottura in condizioni di stress. Spostando l’accento dal contratto alla relazione ad esso sottesa, gli studiosi sopra citati evidenziano che la risoluzione delle criticità fra imprenditori non è solo una questione giuridica di interpretazione delle parole inserite nel contratto, o in singole clausole e che distribuiscono diritti e doveri tra le parti. Il punto è anche individuare soluzioni che consentano ai contraenti di ascoltare e rendere comprensibili i reciproci bisogni, paure e incertezze generate da eventi imprevisti, sui quali essi non hanno il controllo. L’attenzione allora si sposta su nuove forme di comunicazione generativa di soluzioni creative; strumenti e procedure informali, come la mediazione, che facilitano il confronto diretto tra le parti, avvalendosi anche dell’ausilio di piattaforme digitali online. L’emergenza sanitaria globale, così, costringe imprenditori e cittadini a rimanere distanti, ma non impedisce agli stessi di rimanere connessi: ecco che le imprese in difficoltà, trovano nella mediazione una risorsa e un’opportunità per acquisire nuove capacità di gestione dei rapporti commerciali, sviluppare idee migliori per non lasciarsi sopraffare dall’incertezza e ritornare a crescere.

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